Nicolò Sasso
NICOLO’ SASSO
(1661 – 1721?)
La figura del calicese Nicolò SASSO è in genere poco nota ed è scarsamente conosciuta agli stessi suoi concittadini.
Forse questo è dovuto al fatto che la famiglia Sasso non era originaria di Calice e che si estinse presto, precisamente con il nostro Nicolò, il quale non lasciò discendenti. Eppure due grandi iscrizioni latine in marmo, da quasi trecento anni, ne ricordano l’operato generoso ed encomiabile; ma si sa che la lingua latina, specialmente quella delle lapidi con le sue varie abbreviazioni, risulta di difficile comprensione e non sempre sollecita interesse e desiderio di conoscenza.
Anche chi parla disponeva di poche cognizioni sul Sasso, sino a quando, casualmente, non gli capitò tra le mani un atto notarile, composto di molti fogli nei quali era scritto il regolamento di attuazione della nuova scuola. Attraverso le premesse e i rimandi inclusi nel documento fu iniziata una lunga ricerca, allo scopo di saperne di più: l’indagine diede i suoi frutti ed a poco a poco affiorarono i vari aspetti della vicenda e si delineò la figura di un grande benefattore affezionato al paese d’origine.
Tuttavia lo studio mancava di un elemento di somma importanza, quello relativo alla data del testamento e al nome del notaio rogante. Gli atti notarili soggetti a consultazione richiamavano con una certa frequenza la stesura di un testamento a Città del Messico, senza tuttavia citarne gli estremi indispensabili per il reperimento; finalmente un notaio finalese, più preciso e più scrupoloso di altri suoi colleghi, riportò i dati che si ricercavano.
Ebbe così inizio una lunga e laboriosa ricerca oltreoceano, a ben considerare un’impresa quasi impossibile, ma non mancavano un grande fervore e la determinazione di acquisire il documento. Il tentativo fu coronato da successo, grazie all’interessamento dell’ Ambasciata d’Italia a Città del Messico ed alla disponibilità di un archivista messicano che accolsero di buon grado le sollecitazioni.
E così, di atto in atto, tassello su tassello, ha preso forma, come già detto, la storia di Nicolò Sasso, che è la storia di una persona semplice ed illustre, di un benefattore generoso, ma soprattutto di un pioniere nel campo della cultura e dell’istruzione.
L’Amministrazione Comunale di Calice Ligure, grata e sensibile, ha intitolato al Sasso le nuove scuole elementari e ha ricollocato l’antica iscrizione marmorea a lui dedicata, lapide che un tempo adornava il caseggiato di Via Inomonte, prima sede scolastica.
La vita
Non sono molti gli elementi a disposizione sulla vita di Nicolò Sasso, tuttavia sono tutti rigorosamente tratti da documenti d’archivio.
Nacque a Calice il 3 marzo 1661, da Lorenzo e da Caterina Romero. Il padre proveniva da Feglino, la madre aveva già sposato in prime nozze Francesco da Urta. Nicolò era il secondo di tre figli essendo nato tre anni dopo Maria Caterina, poi coniugata Bolla; la sorella Maria Giovanna nascerà nove anni dopo.
Un atto notarile del notaio finalese Paolo Bartolomeo Valgelata scritto nel 1717 richiama, nelle premesse, la concessione di un prestito di circa Lire 250 di Genova effettuata a Cadice in Spagna in data 1° settembre 1698, a favore del compaesano Giovanni Paolo Cesio.
Sul finire del 1600 troviamo pertanto Nicolò Sasso dimorante sulla costa atlantica spagnola, come tanti altri finalesi e liguri; ha lasciato il paese, ha effettuato un lungo viaggio per mare, ha trovato un lavoro abbastanza redditizio che gli consente persino di prestare una somma di denaro. Si ignora la data di emigrazione, con tutta probabilità si sarà allontanato in età giovanile; non si conosce neppure il mestiere esercitato e questa lacuna circa la sua professione non verrà colmata nemmeno in seguito.
Ancora le premesse del sopra citato rogito del notaio Valgelata consentono di conoscere altre vicissitudini. A distanza di ben 18 anni Nicolò Sasso non aveva ancora ricevuto il rimborso del prestito accordato al compaesano Cesio: in data 25 marzo 1716, a Città del Messico, cede il suo credito ad una persona di Calice, disponendo che la maggior parte di esso venisse impiegata a favore dell’altare di Nostro Signore alla Colonna eretto nella parrocchiale di San Nicolò (quella vecchia). Il Sasso si è dunque trasferito dalla Spagna nel Messico, in quel tempo possedimento spagnolo e noto come Nuova Spagna. Non sappiamo quando ha raggiunto la colonia spagnola: anche questa volta ha compiuto un lungo viaggio per mare prima di approdare in Messico attraversando l’oceano, viaggio non privo di pericoli e di rischi (nubifragi, pestilenze, atti di pirateria allora piuttosto numerosi).
Sempre a Città del Messico, in data 14 marzo 1721, Nicolò Sasso detta le sue ultime volontà davanti ad un pubblico notaio e sono sempre atti notarili a informare, in modo generico, sulla sua morte, avvenuta presumibilmente sul finire dell’anno 1721, all’età di anni 60. Un atto ricorda il suo decesso avvenuto nelle Indie Occidentali; un altro, più specifico, cita la morte nel porto dell’Avana, mentre stava rientrando in Spagna.
Ai sopra citati rogiti notarili è da aggiungere un documento conservato presso l’Archivio Storico Diocesano di Savona: è un inventario compilato dal prevosto di Calice rev.do Giovanni Bartolomeo Grossi[1] in data 17 maggio 1728, pochi anni dopo la scomparsa del Sasso. Il parroco, a proposito della cappella di Nostra Signora della Rocca (l’attuale Santa Libera) appena ricostruita, ricorda l’elargizione dei 500 pezzi da otto reali e propone un ritratto del benefattore del tutto attendibile in quanto egli aveva vissuto l’avvenimento ed aveva anche trattato la gestione dell’eredità insieme agli esecutori testamentari.
Ecco come si esprime il rev.do Grossi:
“…essendosi trasportato nelle parti di Spagna et Indie per procacciarsi maggiori sue convenienze, si come le riuscì di guadagnare molte migliaia di pezzi da otto reali, alla sua morte, che seguì nella città di Messico, ricordandosi dello stato povero e quasi cadente di essa capella antica lasciò pezzi cinquecento da otto reali, acciò dalla valuta di questi Gio.Batta Cesio, pure di Calice, ne facesse ristorare ed ingrandire la medema…”.
Come già ricordato non si è avuto conoscenza del mestiere esercitato da Nicolò Sasso; neppure il testamento, nel quale si riponeva grande speranza, ha potuto offrire indicazioni in proposito.
È ipotizzabile che operasse nel campo del commercio, attività che gli avrebbe consentito l’accumulo di una buona fortuna con cui ordinare poi le generose elargizioni nei confronti del paese natale. A sostegno di tale supposizione si ritengono significativi i rapporti di familiarità e di fiducia nei confronti di due persone che nominò come suoi esecutori testamentari, entrambi definiti “mercanti”, i quali avrebbero potuto istruirlo ed appoggiarlo nel settore commerciale. Si tratta del finalese Gian Battista Sanguineti dimorante a Cadice e di Gian Battista Frigerio abitante a Città del Messico.
Ci permettiamo una ricostruzione, che è del tutto ipotetica, ma che potrebbe contenere qualche elemento veritiero. Collochiamo un’impresa commerciale in Spagna gestita da Gian Battista Sanguineti, mercante ed esecutore testamentario; un’impresa parallela a Città del Messico gestita da Gian Battista Frigerio, altro mercante ed esecutore testamentario. Forse le due imprese sono in grado di controllare, direttamente e senza intermediazioni, dalla produzione alla vendita, la merce oggetto dei loro traffici commerciali. Il Sasso è dapprima in Spagna alle dipendenze del Sanguineti, impara bene il mestiere, dimostra notevoli capacità, inclinazione al commercio, intraprendenza; in seguito si trasferisce a Città del Messico quale collaboratore e forse socio del Frigerio. Non dimentichiamo che la ricchezza accumulata dal Sasso fu notevole e ciò legittima il nostro puntare in alto.
Nicolò Sasso fu un personaggio veramente straordinario e ci piace ricordarne soprattutto le qualità umane, la generosità, il grande attaccamento al paese natale, reso più forte senz’altro dal fatto di esserne stato quasi sempre lontano.
Dovette possedere anche notevoli doti di tenacia ed di intelligenza: imparò a leggere e a scrivere in un periodo in cui la penna era privilegio di pochi e ne comprese a tal punto l’importanza, la necessità e l’indispensabilità da fare dell’istituzione di una scuola pubblica a favore di quaranta fanciulli calicesi un suo obiettivo primario e fondamentale. Non per nulla il lascito a vantaggio della scuola ammontava a ben mille pezzi da otto reali, l’importo maggiore di tutti.
Aveva sperimentato su di sé, proiettato in mondi nuovi, lontani e forse un po’ ostili, come l’uso della penna, il saper leggere, scrivere e far di conto riuscissero a rendere la persona autonoma, capace di agire, di vivere liberamente, di perseguire i propri intenti, di affermarsi. Il suo esecutore testamentario in Calice e, in seguito, i Consoli della comunità calicese seppero comprendere del tutto il messaggio lungimirante del loro compaesano e fecero della scuola pubblica il grande vanto del paese.
Traduzione:
A Dio Ottimo Massimo
quella rocca che, secondo la tradizione,
nell’anno 155,
la devozione del popolo calicese trasformò in piccolo tempio,
in onore della Beata Vergine Maria
l’anno 1723
in questa forma di più nobile bellezza
restaurò
ampliando dalle fondamenta
essendo Vescovo di Savona
l’Illustrissimo e Reverendissimo Signore Agostino Spinola
con il sussidio di 500 reali da otto d’argento
distribuiti
da Capitan Gio Batta Cesio fu Lorenzo
esecutore testamentario
di Nicolò Sasso
e con le elemosine dello stesso tempietto
assieme ai lunghi sudori di oltre un anno
per un maggior culto della stessa Santa Vergine Maria
Traduzione:
A Nicolò Sasso fu Lorenzo
perché, benemerito nella sua patria
dispose che fosse eretta
una pubblica scuola in Calice
per l’istruzione di quaranta fanciulli calicesi
nei costumi, lettere, scrittura, aritmetica
avendo legato mille pezzi da otto reali di Spagna
(scuola) da sostenersi con gli annui redditi di tali (denari)
da custodirsi dai Consoli in carica di questo luogo
e da provvedersi da essi (Consoli) in perpetuo di un capace maestro.
Il Sig. Capitano Giovanni Battista Cesio fu Lorenzo
esecutore testamentario del medesimo Nicolò
questo perenne ricordo di tanto pia opera
erigeva
avendo assicurato gli annui redditi
mentre la scuola progrediva.
Nell’anno del Signore 1723 giorno 1° maggio
(essendo) l’Ill.mo Sig. Domenico D’Oria
Governatore del Marchesato del Finale e Langhe
per la Serenissima Repubblica di Genova