Attilio Scanavino
Attilio Scanavino
Attilio Scanavino, padre del più celebre pittore che per molto tempo soggiornò a Calice, mi appare così come lo ricordo: un uomo piccolo di statura, minuto, con una giacca troppo larga e pantaloni troppo corti. Di tanto in tanto, dal 1956 al 1961, mentre io frequentavo le elementari, si presentava in classe a tener desto in noi bambini il ricordo dei Calicesi che avevano combattuto ed erano morti nella Grande Guerra e di altri che si erano prodigati tenendo alto il nome di Calice Ligure, la “sua“ Calice. Un impegno costante, di tutta la vita, portato avanti con passione, tenacia, caparbietà fin dal 1919, all’indomani di quella guerra che egli definisce “di Redenzione Nazionale e di Rivendicazione Umana”: vi ha partecipato, è stato ferito e infine dichiarato invalido.
In occasione del 4 novembre concorre alla pubblicazione di un numero unico del 1919 “destinato ad esaltare il ricordo dei Martiri strozzati dalla forca degli Asburgo … e principalmente alla Memoria – sue le maiuscole - dei giovani Calicesi, campioni della nostra gente migliore, immolatasi sull’Altare della Patria”. Sono parole appassionate, e la stessa passione troviamo in tutta l’Introduzione al supplemento del numero unico del 1922. In cui lo Scanavino esprime la sua filosofia di vita con richiami espliciti a Mazzini e con parole che sembrano evocare il pensiero massonico: la vita ha senso solo se la si vive come una missione per contribuire “all’elevazione materiale e morale del Popolo, dedicando le nostre limitate forze alla scuola e ai fanciulli”, “sorretti da una fede incrollabile in Dio e nelle Forze Buone dell’Umanità; ha parole di disprezzo per coloro che ispirano le loro azioni al “più basso materialismo”, all’utilitarismo, all’egoismo, incuranti delle piaghe sociali, legati come sono ai “privilegi di casta e di sangue”, ”retaggi medievali” che Attilio vuole combattere attraverso l’educazione estesa a tutti.
Negli stessi anni risiede - o ha domicilio - a Calice e fa parte del Comitato “Pro lapide caduti”, che pubblica l’Album dei caduti calicesi, si occupa della sottoscrizione per raccogliere fondi per la lapide stessa e del testo da incidervi, perché sia perenne la memoria di coloro che, “ pur non avendo ricchezze, nobiltà di casato e di sangue, … hanno saputo morire” per la Patria. Il suo impegno, che oggi definiremmo socio-politico, è ben documentato dai verbali di atti pubblici e dai suoi scritti che hanno, in qualche modo, dato il la alla produzione di testi sulla storia di Calice. Io per primo ho guardato a lui come ad un maestro e per questo dedico questo mia pubblicazione a lui a cui va la mia riconoscenza.
Se molto sappiamo del suo pensiero, grazie ai suoi scritti, ai suoi carteggi, ai suoi interventi nel corso delle sedute del Consiglio Comunale di Calice, di cui faceva parte dal 1920, non così è per la sua vita privata, di cui abbiamo scarne notizie. Nasce a Genova il 26 febbraio del 1887 da Sebastiano e Pizzorno Maddalena e viene battezzato col nome di Sebastiano Attilio. La famiglia numerosa emigra in America, dove nascono alcuni fratelli; altri nacquero a Genova, altri ancora a Calice Ligure. Da un documento della Sezione anagrafe di Savona del 23 giugno 1910 e inviata al Comune di Calice, risulta che i due fratelli, Giovanni e Attilio, risiedono in quel di Savona. Attilio è ancora celibe e convolerà a giuste nozze (5) nel 1921, a Genova, con la calicese Felicina Sterla. Risiede a Genova col domicilio a Calice: nell’atto dello stato civile del 3 marzo dello stesso anno, inviato al Comune di Calice, lo troviamo con i nomi di Sebastiano Attilio Desiderio, di professione impiegato. Impresa non facile, poi, negli anni a venire, seguire le tracce del nostro e dei familiari che paiono in continuo spostamento tra Genova e Calice! Muore a Genova il 25 Ottobre 1972 E ora riposa nel cimitero della sua Calice.