Paolo Giovanni Crida
Paolo Giovanni Crida
La mia scoperta di un illustre sconosciuto
Ero a conoscenza che il pittore Prof. Crida nel 1923 aveva realizzato degli affreschi nella nostra Chiesa Parrocchiale di San Nicolò, da come risulta dalle delibere della Fabbriceria è riportata anche la spesa per un totale di Lire 6.000. Ero anche in possesso di tre cartoline che raffigurano le suddette opere. Sapevo che nel periodo in cui era sfollato a Calice Ligure aveva realizzato un progetto, attualmente conservato in Chiesa, da eseguire nella cupola e che si sarebbe anche solamente accontentato di essere rimborsato delle spese vive, ma per mancanza di fondi da parte della Fabbriceria e per il periodo storico il progetto non venne mai portato a termine.
Ma riguardo a questo artista non avevo ulteriori informazioni.
Interno della Chiesa Parrocchiale Di San Nicolò nel 1907 Prima degli affreschi
Nel mese di Luglio del 2014 vengo contattato tramite il mio sito dalla Prof.ssa Furlan Luigina, insegnante di lettere e storia dell’arte, residente a Biella, autrice di alcune pubblicazioni su artisti piemontesi. In quel periodo era interessata dal pittore Crida. Ci sentimmo per telefono e mi mise al corrente del suo progetto, fornendomi nuove notizie sull’artista. Dopo averla ascoltata attentamente gli comunicai che ero in possesso delle cartoline e che in Chiesa vi era conservato un progetto mai realizzato, si dimostrò sorpresa e curiosa perché non ne era a conoscenza. Mi chiese la disponibilità ad incontrarci e di poter visitare la Chiesa. Alcuni giorni dopo ci incontrammo a casa mia e dopo aver visionato le cartoline degli affreschi di Crida gliele riprodussi; era piacevolmente ammirata guardando le foto di Calice Ligure. Ci recammo in Chiesa e fu subito colpita dalla sua grandiosità. Oltre all’apparecchiatura fotografica aveva con sé due binocoli e Dopo
Avermene consegnato uno si mise ad esaminare gli affreschi illustrandomeli nei minimi particolari.
Con mio grande rammarico non ho pensato a registrare questo incontro perché sarebbe stato un documento prezioso.
Visionò con molta attenzione progetto inedito conservato in sacrestia facendomi notare alcuni particolari e capire il cambiamento dell’artista nel corso degli anni.
Terminata la visita mentre stavamo uscendo si voltò e guardando verso l’alto esclamò quanto era bella la Chiesa e che se il Crida fosse riuscito ad eseguire quel progetto sarebbe stata favolosa.
Successivamente ci sentimmo per telefono parecchie volte e presenziò alla presentazione, nel 2015, del mio libro del Delitto di Calice, ed in quella occasione mi diede l’incarico di acquistare eventuali cartoline del Crida nel caso ne avessi ritrovato.
Proseguirono i contatti telefonici rendendomi partecipe delle sue scoperte riguardo al Crida le cui opere sono presenti in molte chiese italiane e straniere. Durante le nostre conversazioni ci venne l’idea di pubblicare un articolo sul pittore rendendo pubbliche anche le cartoline.
La incaricai di occuparsi personalmente della stesura dell’articolo che in seguito avrei pubblicato sul mio sito. Purtroppo gli impegni di entrambi non favorirono la conclusione di questo progetto anche se lei mi aveva inviato alcune bozze dell’articolo in questione. La nostra ultima conversazione risale a Natale 2018 in cui eravamo sempre decisi a pubblicare l’articolo sul Crida e mi inviò un elenco delle opere del pittore sparse per il mondo.
Nel mese di Aprile 2020 ho deciso di occuparmi di questa pubblicazione e cercando di contattarla per decidere su eventuali aggiornamenti dell’articolo, non rispondendo alle mie chiamate, digitando il suo nome su la ricerca di Google sono venuto a conoscenza che è mancata improvvisamente il 30/03/2019.
Con mio grande dispiacere per non aver potuto realizzare insieme fino alla fine questo progetto penso di farle cosa gradita pubblicare interamente il lavoro che mi aveva fin qui inviato.
Foto 3 Prof.ssa Furlan Luigina (tratta da www.newbiella.it) dove annunciava l’improvvisa scomparsa
Paolo Giovanni Crida
(1886-1967)
Il pittore ben conosciuto dai critici degli anni ‘30 (ed ancor oggi ben presente nelle maggiori case d’asta) col nome Paolo Giovanni Crida nacque e poi visse gran parte della sua vita tra Graglia che gli diede i natali (1886) e Torino che gli diede cultura e vita d’artista affermato. Tutti in famiglia lo chiamavano Gioanin (leggi Giuanin) nonostante il suo nome fosse Paolo Andrea; era figlio del canavese Paolo e di Teresa Rama, una delle casate più conosciute del luogo.
Pittore essenzialmente realista di grande sensibilità cromatica, mentre il mondo intero ipotizzava i linguaggi artistici più diversi ebbe la forza di mantenere salda la visione del vero. Giunse all’apice dell’arte sua con grandi sacrifici, non troppo presto e dimostrando ferrea volontà di riuscita.
Fu apprezzato nel ritratto (non solo dal vero) nel paesaggio, nella natura morta e nella tecnica d’affresco con la quale decorò una sessantina di chiese nell’Italia del Nord, delle quali mezza dozzina nel Biellese (veri cofani sconosciuti di tangibile bellezza).
L’exploit torinese
Nel capoluogo piemontese avviato alla piena industrializzazione, con la sua bravura ed il diploma di professore di pittura (ottenuto presso l’ambita Accademia Albertina) aperse uno stimato atelier nella casa che era stata dei baroni Casana in Via Montebello, 21 dove già aveva avuto studio il pittore Gonin; quivi restò per una ventina d’anni, dipingendo al cavalletto ed allontanandosi solo per attendere alla stesura di affreschi in case private, istituti, cappelle e chiese, sinché uno dei bombardamenti su Torino nel 1942 lo privò contemporaneamente dello studio e del bell’alloggio. Al piano alto dello stabile fu colpito pure lo studio di scultura del famoso E. Rubino. Il Crida fu chiamato a Roma ed a Napoli (V. ritratti mons. di e del Ministro dell’Agricoltura Rossoni, uno degli “uomini nuovi” della politica di allora).
La scelta di tranquillità lontano dal chiasso del capoluogo
Foto 4 Cartolina di Calice Ligure
Sfollato a Calice Ligure dove aveva buone conoscenze perché aveva ben lavorato alla parrocchiale tra il 1923 ed il 1924, aprì subito dopo uno studio a Biella in un luminoso locale del chiostro di S. Sebastiano; lo mantenne sino a quando fu pronto uno spazio d’atelier nella sua vecchia casa di Graglia, allargata e rimodernata. La scelta di non riaprire il fortunato studio di pittura in Torino fu decisa ed irrevocabile; lo stesso fu per la rinuncia a farsi pubblicità attraverso i critici, le mostre e le gallerie d’arte, che in parte aveva evitato anche nel capoluogo e da cui voleva definitivamente stare lontano. Le sue radici si mantennero salde al territorio biellese anche grazie a locali commesse private; onestà, impegno, puntualità, grande esperienza e continua ricerca della perfetta armonia nell’opera dipinta, nel messaggio come nella sua vita garantivano i committenti più esigenti. E da qualsiasi opera esalava la quieta serenità dell’autore. Nella città di Biella captò sì le immagini di imprenditori, costruttori, inventori e professionisti (i Buratti, Virgilio Gabino, il Mosca) di benefattori e di personaggi della scena politica (Virgilio Luisetti e Clelia Rama B.) e della scena religiosa (sacerdoti ed alti prelati come Mons. Garigliano) ma pure volti ed aspetti di gente comune, di contadini, artigiani, commercianti, bambini, in tanti atteggiamenti e posizioni che riuscivano a rivelare.
Nei primissimi anni ‘50 dovette aprire un più ampio atelier perché la committenza religiosa (soprattutto salesiana) da tutto il mondo richiedeva tele sempre più grandi.
Nel 1961 salì ancora sui tavolacci per finire di affrescare tranquillissimo gli interni della chiesa del Centro Salesiano di Muzzano con una dolcissima “Sacra famiglia”, dopo aver descritto due dei “sogni” di S. Giovanni Bosco. Paolo Giovanni Crida era infatti conosciuto nel mondo intero come “il pittore di d. Bosco”. Ma nella sua carriera dipinse un’altra cinquantina di santi. E lavorò per una decina di congregazioni religiose.
Eppure le opere “laiche” non hanno nulla da invidiare quelle religiose.
Un problema mai diagnosticato al cuore lo portò via sei anni dopo, ad ottant’anni passati, mentre continuava sereno a lavorare. Era il 15 Maggio del 1967.
Biella, 31 Luglio 2017
Prof. Luigina Furlan
Foto 5/6/7 Cartoline delle opere del Crida che tanto avevano incuriosito la prof. Furlan.
DESCRIZIONE DEI TRE AFFRESCHI
Dipinti dal Prof. Paolo Giovanni Crida nella Parrocchiale di S. Nicolò a Calice Ligure nel 1923.
I tre affreschi dipinti da Paolo Giovanni Crida sulla ampia fascia alta del grande arco che unisce i pilastri portanti della due cappelle laterali si distinguono abbastanza bene anche dall'ingresso, grazie ai rapporti chiaroscurali tra i colori e le masse sapientemente studiate all'interno delle preesistenti cornici decorative. Queste hanno forma diversa: rettangolare al centro per Nicolò che è l'intestatario primo della intitolazione, ottagonale per le due laterali, leggermente più piccole e dedicate rispettivamente alla Beata Lacoque ed a Maria.
Foto 8 San Nicolò
San Nicolò
Il culto del santo di cui Paolo Giovanni Crida ricrea l'immagine in mezzo alla fascia trasversale alta che confina con l'area di transetto nella chiesa a lui dedicata in Calice Ligure è celebre in Italia del Nord, del Centro e del Sud come in Europa specialmente nel mondo cattolico ed ortodosso ma non solo, perché da lui è nata e si è sparsa nel mondo la figura di Santa Klaus, il nostro Babbo Natale. La sua giovialità leggendaria infatti era parte del carisma del taumaturgo, nato nell'attuale Turchia, presso Myra (oggi Demre) allora sotto il governo bizantino, tra la seconda parte del III secolo e la metà del successivo. Già da bimbo Nicola si dimostrava gioioso, umile, semplice, paladino delle persone sfortunate o perseguitate; come nipote dell' avunculus Arcivescovo di Mira avrebbe potuto avere vita facile, invece le sue azioni erano dedicate ai poveri, all'amministrazione onesta, al conforto degli ammalati e dei bisognosi che lo adoravano anche da vivo. Non stupisce che la sua fama si sia sparsa in tutti i continenti a partire dall'Asia minore nel sesto secolo, per diffondersi, ad azione del minuto popolino ed in special modo dei marinai di Bari, che scelsero di onorarlo da subito come loro protettore e vollero, insieme ai Veneziani, avere i resti del suo corpo come reliquia da adorare in città. Nella Serenissima, così come in Liguria (per esempio nella chiesa a lui dedicata in Albenga) è chiamato San Nicolò (o Niccolò) ma è sempre lui, quasi sempre vestito da vescovo, con mitra e pastorale, barba bianca, casula preferibilmente blu e sgargiante stola a motivi geometrici o cruciformi. Paolo Giovanni Crida usa per lui i panni vistosi di cui è ricoperta la statua (sono i paramenti della chiesa cattolica di rito greco-bizantino) in legno del presule conservata nella cattedrale di Bari, al fine di permettere all'osservatore di distinguere meglio sul muro la figura disegnata in una credibile oscurità notturna illuminata solo da una esplosione di chiarore a mala pena contenuta proveniente da due angeli lumeggiati nel buio ed inneggianti ad una delle principali caratteristiche del santo: la misericordia. Il volto di Nicolò che si sta girando in direzione della loro luce ha le sembianze di un settantenne barbuto (mori ottantenne) che viene colto nell'attimo in cui sta allungando la mano destra contenente un sacchetto verso la finestra di una casa modesta, presso un albero illuminato di striscio; poco distante alle spalle del santo in orizzontale su di una baia (Demre-Finale?) tremolano i riflessi della luna sul mare. Lo spaccato risulta di gusto vagamente romantico.
A partire dalla scena scelta, leggiamo in questa immagine notturna un po' di iconografia tradizionale ed un po' di novità; e molto della poetica che il pittore biellese Crida giovane immette nelle scene religiose: il suo amore per i contrasti, la tavolozza ricca di colore, l'attenzione alla gestualità, al movimento ed una certa modernizzazione del tema tradizionale. Scelse infatti un episodio tramandato abbondantemente, che narra del Santo che, preoccupato per tre ragazze vicine di casa troppo povere (che quindi non avrebbero potuto sposarsi in mancanza di dote) depositò davanti alla loro casa di nascosto tre sacchetti di monete, in modo che il loro indiscutibile buon desiderio diventasse possibile; il pittore elesse il momento clou della consegna furtiva (del primo o dell'ultimo dei sacchetti?) con pathos appena appena sospeso; due angeli si muovono leggermente, in serenità sopra di lui. E l'ambientazione del fatto è credibile anche per quanto riguarda il paesaggio naturale e quello antropizzato. Segno che l'artista si era ben documentato, come risulta facesse scrupolosamente sempre.
Queste osservazioni dicono abbastanza chiaramente quale fosse il concetto di pittura per il pittore Crida, che si firmò gli affreschi con il cognome e con l'iniziale del nome Giovanni, come fece ancora per alcuni anni dopo quel 1923. In seguito firmerà aggiungendoci davanti la lettera "P" di Paolo.
Foto 9 Sacro Cuore
Apparizione del Sacro Cuore alla Beata Margherita Maria Alacoque
Costituisce una bella trovata iconografica la mano di un Cristo (teneramente sporto verso la Beata che innalza verso di lui, che sta a cuore aperto, ambedue le mani) la quale occupa, in controluce nel fulgore dell'apparizione, con decisa evidenza proprio il centro geometrico della composizione. L'ambiente descritto di cielo e nuvole, sembra largo ed aperto, ma un altare "in situ" tradisce la bugia, insieme al tappeto lavorato e prezioso che sta ai piedi della Beata. I candelieri ed il crocifisso innalzato sull'altare dicono la paziente cura e l'amore per le cose sacre e l'ascesi in nome delle sofferenze di Cristo che costituirono esempio, da quella seconda metà del secolo XVII in cui la Beata visse, sino ad oggi. Il soggetto di tale affresco del 1923 nella chiesa di Calice proseguiva l'opera di conoscenza e proselitismo che la Chiesa Cattolica perseguiva già da alcuni anni per diffondere il messaggio dell'amore di Cristo per gli uomini della monaca di clausura francese innalzata recentemente agli onori degli altari da Papa Benedetto XV tre anni prima. Margherita Maria passò l'infanzia serena di bimba vivace ma capace di silenzi, devozioni e preghiere, tanto che, pur non comprendendo ancora del tutto il significato, fece voto di castità. Quei tempi belli finirono con la morte di suo padre, quando aveva 8 anni. L'adolescenza invece la vide spesso elegante e spensierata come le sue coetanee appartenenti all'alta società, sinché, per disprezzo di sé ed illuminazione da parte di Gesù, decise a 24 anni di farsi suora di clausura entrando nel convento di Santa Maria di Paray-le Monial, dove visse altri 19 anni col proposito di vivere su di sé una parte delle sofferenze antiche della Passione del Signore e di quelle nuove causategli dagli uomini contemporanei. Sono legate al suo esempio le pratiche dei primi venerdì del mese, dedicati alle virtù più importanti da coltivare: l'umiltà e la mansuetudine. Per obbedienza e per scopo di apostolato scrisse "Preghiere", "Cantici d'amore" ed altri libri oltre all'autobiografia in cui risalta tutto il suo trasporto per Gesù. Tra le "Lettere" invece sono importanti quelle scritte a Padre Croiset S.J. al quale la santa affidò le preziose rivelazioni fattale dalla voce di quel Cristo del Sacro Cuore col quale teneva colloqui continui. Ecco dunque perché quella mano di Cristo inscritta al centro dell'esagono incorniciato che ospita, oltre alla santa, anche due angeli e due putti vivaci di tradizionale figura, fu una trovata magistrale del pittore
Foto 10 Madonna Addolorata
L 'Addolorata con sette santi
Un altro soggetto femminile è stato scelto a contraltare sulla destra l'esaltazione di Margherita Maria Lacoque sulla sinistra: la figura stessa di Maria Vergine nella più triste delle iconografie che la ritraggono. È l'immagine qui non troppo tradizionale della Madonna Addolorata. La sua silhouette compare nella parte alta dell'ottagono che incornicia la descrizione, in uno spazio nudo e luminoso che la fa risaltare nitidamente; angeli la assistono; due di loro alla sua destra portano una croce a menzione del sacrificio di suo Figlio. Una spessa nuvola-muretto a carattere ondulatorio simile al muro giottesco di divisione trasversale nel suo Compianto su Cristo. L'atteggiamento della Vergine è composto, non troppo mesto; il capo è leggermente abbassato in avanti, lo sguardo un po' laterale, come di chi ha pianto molto e ne ha ben donde. Con quel "Fiat" di risposta a Gabriele nel momento dell'Annunciazione la fanciulla ebrea di nome Maria aveva accettato tutto quanto riguardava il suo figliolo divino; quel tutto comprendeva pure l'apprensione giustificata quando Lui si era allontanato per discutere coi sacerdoti nel tempio, la meraviglia per i prodigi compiuti e per le folle che lo seguivano, le angosce sul Calvario. Lei che è chiamata a proteggere città e nazioni come patrona fu in terra chiamata all'obbedienza ed alla sofferenza. Lo spazio in basso descrive un monte abbastanza erto e spoglio sul quale si avvicendano, in vari atteggiamenti, sette religiosi di varie età. I loro profili, gesti ed abiti nell'oscurità in cui sono immersi (per degrado forse oltre che per studiata volontà dell'autore) potrebbero, se osservati con attenzione e luce sufficiente, fornirne le generalità. Si può, al momento, soltanto ipotizzare che siano santi particolarmente commossi dalla figura e dal dolore di madre, riuniti attorno a lei, santi collegati a lei da vincolo forte che avrà dettato loro prediche famose, opere, libri di fede.
I 7 santi sono i sette santi fondatori dell’ordine dei Serviti (servi della Beata Vergine Maria) che nel 1233 fondano appunto il nuovo ordine. Sono: Buonfiglio Monaldi, Alessio Falconieri, Benedetto dell’Antella, Bartolomeo degli Amidei, Ricovero Uguccione, Gerardino Sostegni, Giovanni Buonagiunta. Il loro eremo fu (ed è) sul Monte Seneraio (può essere quello raffigurato nel dipinto).
L’ordine diffuse la devozione dei “7 dolori di Maria” che nel 1688 ebbe il permesso di celebrare la festa (riservata al loro ordine). Pio VII nel 1815 la estese a tutta la chiesa come ringraziamento della sua liberazione dalla prigionia napoleonica.
I 7 “fondatori” furono canonizzati solo nel 1888 da Leone XIII (prima solo “beati”).
Uno solo di loro è ritratto in posizione quasi frontale. Ha tra le mani un grande volume che sembra tenere aperto e girato verso di noi.
La descrizione temporale di un fatto atemporale che riunisce corpi vivi di santi vissuti in diverse età del mondo, presenti tutti al cospetto di una gentile e commossa Assunta immortale.
Paolo Giovanni Crida A Calice Ligure
Scoperta di un Progetto inedito Per decorarne la cupola
Foto 11 Progetto non realizzato
La Chiesa parrocchiale di Calice Ligure (Savona) offre una trilogia di begli affreschi dipinti dal pittore Paolo Giovanni Crida, artista a tutto tondo che si va a riscoprire solo ora nonostante la sua innegabile internazionalità, legata soprattutto alla sua fama di "pittore del Re" e di pittore ufficiale di San Giovanni Bosco. Essi appartengono al 1923, quando l'artista aveva trentasette anni. Sembrano abbastanza in buona salute e si possono ammirare sulla grande fascia che corre in alto dall'uno all'altro dei pilastri di fondo della navata centrale, proprio dal confine con la balaustra in basso, che divide la nave dal transetto, perciò in posizione preferenziale per lo sguardo di chi entra e si avvicina all'altare. Il soggetto principale, illustrato al centro della fascia decorata, ben distante dai due laterali, è San Nicolò. Gli altri due affreschi sono dedicati alla "Addolorata con Sette Santi" ed alla" Apparizione del Sacro-Cuore alla Beata Margherita Maria Lacoque ".
Tali dipinti sono ben noti alla Comunità locale. Quel che non si sapeva sino ad ora era che esisteva un progetto del Crida, di poco posteriore a quei dipinti, anche per la volta centrale della stessa parrocchiale. Il progetto, inedito sino ad oggi, consiste in un acquerello su carta (cm. 50x65, in scala 1:50) che mette al centro della composizione un’ostia del Santissimo Sacramento e tutt’intorno un gran coro di tre file di angeli con turiboli fragranti d’incenso. L’acquerello è conservato nella sacrestia della Chiesa parrocchiale di S. Nicolò in Calice Ligure. Mentre nell’Archivio Storico Diocesano di Savona – fondo Parrocchia di S. Nicolò di Calice Ligure sono conservati altri due bozzetti del progetto.
Questi progetti furono visionati dalla sottoscritta durante le sue ricerche d'archivio per dare consistenza alla scarna biografia conosciuta del Crida (v.voce relativa su Wikipedia), ottimo pittore biellese che fu anche "frescante" dalla grande produzione di alta qualità, pressoché sconosciuta sin'ora anche agli addetti ai lavori. Eppure affrescò una trentina di chiese tra Piemonte e Liguria e sono testimoniati più di cinquecento dipinti suoi in varie altre tecniche, per una ricca produzione di ritratti, paesaggi, scene sacre, nudi maschili e femminili, nature morte. Un esauriente lavoro storico di prossima pubblicazione chiarisce le valenze del pittore e va letto in prospettiva di un riconoscimento attuale di quella statura artistica che è stata in verità propria del Gragliese all'interno del panorama nazionale della pittura del 1900.
Nel 1923 il Professor Crida aveva studio in Torino, la città in cui egli aveva perfezionato i suoi studi artistici presso la famosa Accademia Albertina. Era però biellese e canavese rispettivamente per parte di madre e di padre. In un paesino ridente, meta di turisti estivi anche dalla non lontana Francia per l'amenità del luogo e della sua famosa salubre aria, il bambino aveva vissuto ininterrottamente i primi sette anni della sua vita: Graglia, un paesino modesto ma illustre per la presenza del suo maestoso santuario mariano arroccato sull'arco ovest del medio prealpe ed affacciato sulla piana biellese. Veramente poco distante dal più famoso santuario di Oropa.
Sette anni erano passati dalla fine della Grande Guerra e c'era ancora nell'aria la voglia di ricostruire, di progredire; in questo caso di rendere più bella e significante una parte rilevante di quella superficie della chiesa di san Nicolò. Il danaro disponibile non era molto: la costituita Fabbriceria aveva raccolto quanto serviva per coronare il sogno del sacerdote Benedetto Carzoglio, il parroco di Calice: sistemare le dorature degli stucchi ed illustrare episodi salienti di vita di personaggi appartenenti alla Chiesa cattolica, a cominciare dal santo cui la chiesa era intitolata:'San Nicolò (San Nicola da Bari altrove). Qualche tempo prima era stato contattato per tali necessità il Pittore Peluzzi (Cairo Montenotte,1894 – Monchiero, 1985) che allora godeva di buona fama locale come pittore divisionista, ma che passò esperienze di personalissimi Futurismo, Metafisica, Novecentismo. Savonese di nascita, egli dal 1919 aveva scelto di risiedere stabilmente presso il Santuario di Nostra Signora di Misericordia, dunque fuori città.
L'importo del suo preventivo, pur alto per una comunità di provincia di campagna, era stato raggiunto dalla compagnia demandata alla cura della parrocchiale, della quale faceva parte anche il sindaco Benedetto Bertone, su di un conto appositamente aperto presso una certa Banca che fallì nel momento meno opportuno.
Conosciuta la necessità artistica della chiesa mentre soggiornava nella vicina città di Finale Ligure, Paolo Giovanni Crida si offerse di eseguire gli affreschi e fors'anche le dorature, per le quali potrebbe avere proposto lavoro in team con l'esperto di famiglia, il cognato Bonom; egli dovette essere molto persuasivo oppure dovettero esserlo i suoi progetti, le immagini che aveva ideato, perché gli fu chiesto subito di cominciare i lavori, probabilmente anche in seguito ad un colpevole ritardo del pittore Peluzzi. Paolo Giovanni e Peluzzi si dovevano conoscere, perché avevano frequentato l'Albertina negli stessi anni, benché il ligure fosse di otto anni più giovane. Avevano forse avuto pure gli stessi insegnanti (per Disegno e Figura P. Gaidano, per Ornato Cesare Ferro e per Colore G. Grosso) e vivevano ambedue per la stessa passione fondamentale (l'arte della pittura) con l'intento di onorarla e di tener fede al vero.
Forse l'entrata del Crida nella trattativa già in corso fu interpretata da Peluzzi come un'invasione di territorio; oppure era naturalmente iniziata (o in atto) una rivalità sottile tra pittori, basata su un diverso modo di operare, di attuare tecniche, idee o modalità che certamente davano risultati diversi. Siamo nel campo delle ipotesi, ma si può pensare legittimamente che le immagini create dal Crida fossero risultate più affidabili, pacate e classiche di quelle del Peluzzi, più "emotive" e forse troppo "ispirate" benchè altrettanto "vere".
FOTO 12 Particolare del progetto
Annoso strascico giudiziario seguì (vedi articolo Bonomo Pio Candidin sul sito www.caliceligure.org ma a noi interessa invece cercare di analizzare le ragioni per cui il progetto del Gragliese allora piacque tanto e fu scelto subito. Mi pare di capire che, a pari considerazioni sulle abilità tecniche dei contendenti, sia stata tenuta in conto una prerogativa saliente dei lavori del Crida: il rapporto soggetto/contesto architettonico storico locale. Oltre agli affreschi infatti, quella che è pittura decorativa dell'insieme tiene conto dei decori della chiesa e soprattutto dell'Oratorio che gli sta a lato; essi sono ben riconoscibili soprattutto nella parte esterna. Inoltre Crida ottenne un buon effetto di illusione prospettica particolarmente efficace (usando il trucco di tondini di ferro reali inseriti nella decorazione a lacunari al di sotto degli affreschi, nello spazio basso in relazione con le due cappelle laterali).
Rilevo che alcune caratteristiche saranno presenti anche nel successivo progetto per la parrocchiale di San Nicolò, quello per la "decorazione della volta centrale" testè ritrovato. Crida sentiva la necessità di amalgamare antico e nuovo senza interruzioni violente, con piano senso di equilibrio ed armonia. E possedeva inventiva tale da scovare anche soluzioni prospettico-architettoniche valide a problemi spaziali complessi oppure ovviare alla maggior dimensione di una finestra preesistente coinvolta nel progetto di sistemazione della volta, come realmente capitava a Calice Ligure. Il soggetto da lui ideato aveva anche il pregio di evidenziare nel soggetto dipinto il rapporto toponomastico tra il paese di nome Calice ed il calice-pisside-ostensorio "a sole" dell'offerta del corpo e del sangue di Cristo, in una unità spirituale politico-etico-religiosa che alla comunità probabilmente piaceva fosse ben sottolineata, al di là delle ragioni vere dell'origine del toponimo.
Il progetto del Gragliese fu invece incomprensibilmente accantonato. Se guardate oggi dal basso verso la fascia vedrete ben altre forme. Non solo oggi assistiamo a simili misteri.
Foto 13 Particolare del progetto
Argentina
La fortuna del pittore Paolo Giovanni Crida nelle Americhe
Tra la ventina di opere americane di Paolo Giovanni Crida che stimo essere state portate nelle Americhe occorre citare un numero sinora imprecisato di grandi oli portati dall’allora Arcivescovo Mons. Pittini, naturalmente lavori di arte sacra dedicati principalmente ai santi salesiani (S. Giovanni Bosco, Domenico Savio, Maria Domenica Mazzarello, Zeferino Nomencurà, Laura Vacuna) a Maria Ausiliatrice, al Sacro Cuore di Gesù e Maria, a S. Giuseppe, alla Sacra Famiglia.
Le opere sarebbero state portate
- nella Repubblica Dominicana sarebbero parecchie dal 1956 (una certa è intitolata “S.Maria D. Mazzarello e angeli”)
- una opera certa in Cuba presso il Collegio Maria Ausiliatrice de l’Avana
- in Cile ci sarebbero almeno quattro paesaggi biellesi (collez. Gabriele Tessore)
- una almeno in Brasile (S. Paolo)
- negli USA sarebbero sette, tendenzialmente salesiane, ma non solo
- in Argentina altre, delle quali se ne conoscono due (una in immagine dal titolo “Sacra Famiglia”, l’altra nel titolo “S.G. Bosco, l’Ausiliatrice e s. Domenico Savio”)
Chi conosce l’esistenza attuale di lavori cridiani in qualsiasi location è pregato di mettersi in contatto con la sottoscritta
Prof. Luigina Furlan- Biella
Foto 14 Archivio Luigina Furlan
Opere del Crida nel mondo
realizzato dalla Prof.ssa Luigina Furlan
referenti una o più opere grandi ed interi cicli ad affresco (escluse piccole collezioni di privati)
A
Argentina 2 Cordoba
Austria 1
Brasile 1 San Paolo
Cile 4 almeno, Santiago
Cina Macao 1
Cuba 1
Egitto 2
Francia 1 almeno, Sur Cher
Kenia 1
India 10
Mesoamerica 10
Portogallo 1
Santo Domingo 2 almeno
Svizzera 2 Chiasso, Zurigo
U.S.A. 7 in 3 Stati
B
Abruzzo 2 Paglieta, Orsagna (Chieti)
Campania 2 almeno, Napoli, Solofra
Emilia-R 5 Bologna, Ferrara, Modena, Faenza, Brisighella, Cotignola
Lazio 8 almeno, in Roma
Liguria 6 Genova, Savona, Calice Ligure, Varazze, S. Remo, Albenga
Lombardia 14 Milano, Pavia, Vigevano, Sondrio, Giussago, Treviglio, Malonno, Chiari,
Benevagienna, Robbio Lomellina, Cremeno, Sannazzaro de’ Burgundi
Sicilia 5 Palermo, Caltagirone, Catania, Acireale, Messina
Toscana 1 almeno
Veneto 1 Valdagno
C
Piemonte 7 Alessandria
(esclusa Biella) 6 Asti
6 Cuneo
12 Novara
22 tra la città di Torino e la sua provincia
6 Vercelli
D
Biella più di 40 lavori (tra i quali 7 cicli completi d’affresco) in più di 20 locations
Come si può notare la Prof.ssa Furlan aveva a cuore la pubblicazione di questo articolo sul mio sito perché sperava che altre persone appassionate a questo autore la contattassero per avere nuove informazioni.
Grazie agli articoli inviatemi dalla Prof.ssa Furlan sono venuto a conoscenza che il pittore Crida non era un illustre sconosciuto ma un’artista di fama internazionale.
Note
Questi articoli sono opera della dalla Prof.ssa Furlan Luigina, insegnante di lettere e storia dell’arte deceduta improvvisamente Aprile 2019
Ringrazio Don Gianluigi Caneto e Don Selvaraj Devasahayam